Gli ultimi giorni di carnevale
“Il Cinci” – un pagliaccio fatto dai bambini del paese con rami e paglia e vestiti vecchi – viene portato in giro per il paese sul dorso di una mucca da uomini vestiti da donne e viceversa. Il corteo è accompagnato a musica di fisarmonica e clarinetto. La sera il Cinci viene bruciato.
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3 appuntamenti fissi:
– in primavera (verso maggio)
– durante la Festa del Tortello a Corezzo
– settembre-ottobre
Non chiamatelo solo mercatino!
È un occasione per scoprire piccoli produttori locali, laboratori di manualità e di antichi saperi e mestieri, spazio di informazione e dibattito su tematiche quali la salute, il cibo e l’ambiente…
https://www.corezzo.it/il-mercatale-della-vallesanta/
I giovani girano per il paese cantando la canzone del Cantamaggio per farsi regalare caramelle e uova. La sera si ritrovano tutti assieme per festeggiare nella grande festa finale.
Insieme ai ragazzi del Circo dei Zuzzurelloni per imparare le attività circensi dei giocolierie sperimentare la vita in compagnia.
I ragazzi saranno ospitati nella canonica (composta da 24 posti letto, cucine e refettorio)
INFO: Hans 334.3040 242
FB Ciccina Zuzzurulloni
https://www.facebook.com/greta.krabbe
Uno spettacolo esilarante organizzato annualmente dal Circo dei Zuzzurelloni.
Ogni estate, dal 1998, rinasce questo grande raduno libero e autogestito di artisti e musicisti: decine e decine di saltimbanchi, suonatori girovaghi pagliacci, giocolieri, acrobati, prestigiatori, funamboli, mangiafuoco, buffoni, ballerine, mimi, musicanti – grandi e piccoli, professionisti e dilettanti appassionati – arrivano da ogni dove, dando luogo – e vita! – a una sorta di “caravanserraglio” temporaneo.
Una compagnia improvvisata, una baraonda vorticosa e coloratissima di una infinita schiera di personaggi e rappresentazioni, capace di entusiasmare un pubblico di tutte le età.
Venghino Signore e Signori!
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Le occasioni di festa e di incontro a Corezzo, sia religiose che non, erano varie e segnavano tutto il corso dell’anno.
Si cominciava il 17 gennaio, per S.Antonio Abate: alle 3 del pomeriggio, dopo che il prete aveva suonato la campana, tutti portavano qualcosa a benedire. Chi aveva le vacche le adornava con fiocchi colorati intorno alle corna, chi aveva le pecore ne portava una o due, c’era poi chi portava galline, uova, grano, fieno, conigli, micce… La via dell’ospedale si riempiva: Il prete usciva dalla chiesa e dava la benedizione agli uomini, agli animali e ai vegetali.
Il 3 febbraio, S.Biagio, era il “Giorno delle 7 Merende”: i pastori di Corezzo davano “a parare” le pecore ai ragazzi del paese. A fine giornata
i giovani passavano dalle case dei pastori per ricevere una ricompensa, che di solito consisteva in una coppia di uova o in una salsiccia e si ritrovavano tutti insieme nel pascolo a consumare la merenda.
L’ultimo giorno di carnevale veniva vestito Cinceri, un fantoccio fatto di rami e paglia, con vestiti vecchi e logori. Il pupazzo veniva poi portato in giro per il paese sul dorso di una miccia da uomini vestiti da donne e viceversa. Chi sorreggeva il Cinceri era autorizzato a “sfottere” tutto il pubblico, quindi le risate erano assicurate. Il corteo era accompagnato a musica di fisarmonica e clarinetto. La sera il Cinceri veniva bruciato.
L’ultimo giorno di aprile, il 30, veniva fatto il “Cantamaggio”. Era una sorta di elemosina che consisteva nell’andare di sera o di notte sotto le finestre delle ragazze si sapeva essere innamorate di qualcuno, a cantare la canzone del Cantamaggio. Il gruppo era costituito dai giovanotti da ammogliare che giravano non solo per il paese, ma si spostavano anche nei paesi vicini, pur essendo sera o notte fonda.
Per l’Ascensione, venivano fatte le Rogazioni. Si cominciava il lunedì: in processione ci si recava fino al Pianellin dei Cerri, salendo per la strada che va verso “La piantata”, a nord di Corezzo. Il martedì si scendeva lungo la vecchia strada che arrivava fino al “Poggiolin dei Mori”, a sud di Corezzo. Il mercoledì si andava verso “Cadedante”, cioè per la strada che porta a BadiaPrataglia. Infine, il giovedì, giorno dell’Ascensione si prendeva la strada che andava a “Capudia”, cioè quella che dalla chiesa di Corezzo va verso est, disegnando così un percorso a croce. Lungo il percorso, il prete effettuava alcune soste nei punti più “panoramici” e, mentre con l’acqua santa benediva i campi, cantava: “A peste, fame et bellum” (Dalla peste, dalla fame, dalla guerra). E tutti rispondevano in coro: “Libera nos Domine” (Liberaci Signore). E ancora il prete: “A flagello terremoto” (Dalla distruzione del terremoto). E tutti rispondevano: “Te rogamus audi nos” (Ti preghiamo, ascoltaci) Durante la processione veniva raccolta una pianta chiamata “Erba della Madonna”, un vegetale grasso molto resistente che cresceva soprattutto lungo i muri della strada che andava a Capudia. L’Erba veniva portata a casa e lì conservata, perché si diceva: “Se fiorisce si campa, se si secca si muore”.
Immediatamente dopo l’Ascensione, gli uomini piantavano in mezzo ai campi benedetti dal prete (che di solito erano i campi col grano), un ramo lungo e sottile dove, in una spaccatura fatta appositamente in prossimità del vertice, veniva inserito un pezzetto di legno e un rametto di ulivo benedetto, formando una croce. Aveva la funzione di proteggere il raccolto dalla grandine e dai forti temporali.
C’erano poi la Festa di giugno e quella di settembre: era uso, in queste ricorrenze, invitare a pranzo parenti e amici dei paesi limitrofi, che poi contraccambiavano l’invito quando veniva celebrata la festa nel loro paese, perché in questi due mesi si svolgevano le feste anche a Biforco, a Serra e a Frassineta. In queste occasioni, nel pomeriggio, si svolgeva una processione della Madonna in giro per il paese. I bambini passavano la Comunione o la Cresima durante la festa di giugno e le vie del paese venivano adornate con fiori di ginestra.
In estate la mietitura del grano, nei poderi, era un altro momento di incontro, perché sia chi aveva avuto un favore da chi possedeva le vacche, sia chi aveva bisogno della paglia per il trecciolo, era obbligato ad andare ad aiutare a mietere il grano: un giorno di mietitura veniva scambiato con un giorno a disposizione per scegliere la paglia più bella.
Alla mietitura seguiva la battitura, che veniva fatta nelle aie. A Corezzo ce ne erano 7: una dove oggi c’è la piazza, un’altra dove oggi c’è l’orto di Pierino Farini, una a casa Atanasio, una al Borgo, un’altra in cima alla Colombaia, una nel Poggio e infine una a Casellini. Il piano sul quale era fatta la battitura del grano veniva imbuinato (vi veniva steso uno strato di sterco diluito con acqua). Una volta secco, impediva ai sassi di mischiarsi al grano. Chi aveva poco grano, per batterlo usava lo scorgiattolo: era un arnese costruito con due legni, uno più lungo dell’altro, uniti ai vertici da una corda. Tenendo quello più lungo, la corda consentiva di trasmettere il movimento al legno più corto che, battendo sulle manne, provocava il distacco e la fuoriuscita del grano.
In estate, all’arrivo della grandine si usava suonare una campana benedetta che, con i suoi rintocchi interrompeva la grandine. Se invece si vedeva arrivare un temporale veniva dato un rametto di olivo benedetto ai bambini piccoli da tenere in mano fino a quando veniva bruciato fuori dalla porta di casa, dileguando così le nuvole temporalesche.
Quando invece la pioggia non arrivava ed il raccolto poteva seccarsi prima di arrivare a maturazione, si andava alle Nocette, dove, nella chiesetta c’era un crocifisso che faceva piovere. Il crocifisso veniva portato in processione intorno al Monte Fatucchio. Nella via del ritorno molto spesso iniziava a piovere.
Si usava anche levare il maldocchio (era un male forte alla testa, causato dal sole e dallo sguardo delle serpi che incantavano, quando d’estate capitava di addormentarsi al pascolo dopo aver mangiato il pane spruzzato con il latte di pecora. Si diceva che le serpi fossero ghiotte di latte venendo pertanto attratte dal suo odore). Per levarlo si metteva in un piatto un po’ d’acqua e ci si versavano 3 gocce d’olio. Se le gocce rimanevano unite tra loro era la conferma che il maldocchio c’era davvero e quindi l’operazione veniva ripetuta. Se invece l’olio si dissolveva nel piatto il maldocchio era stato tolto.
Nelle fredde notti d’inverno era solito incontrarsi “a veglia” attorno al camino a cuocere le brice (castagne cotte sulla brace). Sia gli uomini che le donne si ingegnavano nella preparazione o costruzione di oggetti utili, in quanto non sempre potevano permettersi di acquistarli, anche perché per averli bisognava arrivare fino a Bibbiena e i mezzi di trasporto non c’erano.
Gli uomini facevano i panieri intrecciando i vinchi; gli zoccoli utilizzando il legno di ciliegio; i gioghi per le vacche con i tronchi di castagno; l’impagliatura delle sedie e la scalpellatura della pietra che veniva estratta alla Lastricaia, un luogo che si trova sopra il Lagacciolo, mentre ai Palazzi veniva estratta una terra tufacea utilizzata per murare.
Le donne erano brave nella fabbricazione del trecciolo: una volta tolta la spiga del grano, il gambo della pianta veniva tenuto in ammollo per qualche giorno così da renderlo più elastico e facile alla piegatura senza che si spezzasse, quindi veniva intrecciato. Con la treccia ottenuta si confezionavano sporte e cartelle per la scuola, con gli scarti più morbidi invece veniva fatto il saccone per il letto. Con la lana di pecora venivano fatte calze, maglioni e sottane per tutti i componenti della famiglia; utilizzando la cotenna e il grasso di maiale, con l’aggiunta di soda caustica veniva invece prodotto il sapone.
La notte di Natale si usava mettere un grosso ceppo di cerro o di quercia a bruciare nel camino. Doveva durare tutta notte perché, si diceva, che la Madonna sarebbe venuta a scaldare le pezze per fasciare Gesù bambino.
Si usava anche attaccare alla porta delle stalle una carlina per proteggere il bestiame dalle streghe. Prima di entrare a infastidire le bestie infatti, la strega avrebbe dovuto contare gli aghi della pianta e siccome erano tanti ci avrebbe messo troppo e all’arrivo della luce del sole come sappiamo le streghe sono costrette a scappare e rifugiarsi.